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23/08/2025 ore 21.03
Società

Festival del fuoco sacro, tre giorni immersi nella natura del Parco delle Serre per curare le “ferite” della modernità

La seconda edizione della kermesse spirituale e artistica patrocinata dal Comune di Polia ha visto la partecipazione di molte persone di ogni età concentrate sulla ricerca del benessere interiore
di Redazione

Natura e spiritualità. La serenità di un bosco per riflettere su se stessi e “curare” le ferite di un’esistenza che si fa sempre più artificiale. Sono questi gli ingredienti del Festival del fuoco sacro, che per il secondo anno consecutivo si è tenuto nel Parco regionale delle Serre, nel comune di Polia che ha concesso il suo patrocinio. Soddisfatti gli organizzatori dell’associazione Curandera, che hanno definito la seconda edizione del festival un successo «oltre ogni aspettativa».

«Quando degli esseri umani, dai 17 ai 70 anni, si ritrovano in un bosco e non c’è più differenza di età ma un’unica anima che si chiama tribù avviene la guarigione di alcuni mali di quest’epoca moderna – si legge in una nota -. Ci siamo riuniti nel bosco, una magnifica faggeta, per occuparci del nostro benessere profondo al contatto con la natura e altre persone affini a noi e con lo stesso desiderio di benessere».

Spazio di riflessione in cui la spiritualità ha incontrato la psicologia. Presenti infatti diversi operatori del benessere e psicologi che hanno accompagnato i partecipanti in questo percorso di ricerca interiore.

 «In una visione di salutogenesi e non più di disagio psicologico, abbiamo vissuto tre giorni di pura introspezione e cura profonda – continua la nota -. L’arte è stata la cornice perfetta per sperimentare armonia e bellezza. In un mondo che ci spinge verso l’efficienza e la produttività, abbiamo sentito il bisogno di creare uno spazio diverso: un luogo in cui fermarsi, ascoltarsi e connettersi al proprio Centro. E da questo che sono nati due laboratori esperienziali in cui psicologia arte e spiritualità si sono intrecciati per offrire un percorso di consapevolezza e trasformazione».

E ancora: «I partecipanti, provenienti da percorsi differenti, ma uniti da una comune ricerca interiore, sono stati accompagnati in un viaggio che ha attraversato l’esplorazione delle maschere, l’espressione artistica e momenti di profonda connessione spirituale. Tre giornate immerse nella sacralità del bosco, nel ritmo lento della natura, durante le quali siamo ritornati a una dimensione primigenia».

«Questi laboratori – concludono gli organizzatori – sono stati dei veri e propri semi di consapevolezza piantati nel terreno fertile della relazione, del corpo e dell’anima dove ogni partecipante è uscito portando con sé un nuovo sguardo, un’intuizione, una possibilità. Una curiosità: gli abitanti dei paesi vicini, sentendo tamburi e canti, si sono chiesti cosa si facesse nel bosco e sono venuti a curiosare e sicuramente l’anno prossimo si uniranno al nostro festival. Grande soddisfazione l’abbiamo avuta da parte dell’amministrazione comunale la quale è stata disponibilissima anche per gli aspetti logistici».