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18/11/2025 ore 17.09
Società

Abusi in rete, come difendersi e uscirne: a Brognaturo studenti a confronto con la sociologa Giovanna Vingelli e l’attivista Dalia Aly

VIDEO | L’iniziativa, voluta dalla sindaca Rossana Tassone nell’ambito del format Dialogando, ha affrontato le tematiche del volto digitale della violenza di genere e della divulgazione non consensuale di materiale esplicito su internet. Presenti i ragazzi dell’Einaudi di Serra San Bruno

di Redazione

Si è concentrata sul tema, attualissimo, del volto digitale della violenza di genere, la seconda edizione di Dialogando, il format ideato dalla sindaca di Brognaturo Rossana Tassone per confrontarsi, insieme agli studenti degli istituti superiori, su argomenti come gli stereotipi di genere, l’autodeterminazione, la partecipazione.

L’appuntamento si è svolto ieri, nel monumentale complesso di quello che fu il convento dell’Annunziata del piccolo centro delle Serre Vibonesi, alla presenza degli studenti dell’Istituto superiore Einaudi di Serra San Bruno e di esperte del settore, come la professoressa Giovanna Vingelli, sociologa, ricercatrice del Dipartimento di scienze politiche e sociali dell’Università della Calabria, e l’attivista e divulgatrice Dalia Aly che ha parlato, portando la sua testimonianza diretta, di violenze digitali e divulgazione non consensuale di materiale intimo o esplicito attraverso la rete.

Ad introdurre la mattinata di confronto, moderata dal caporedattore di LaC News24 Stefano Mandarano, la sindaca Tassone. Presenti in sala diversi amministratori del comprensorio delle Serre, rappresentanti di associazioni e delle forze dell’ordine, come il viceispettore di polizia Patrizia Bucci, in forza al Commissariato di Serra San Bruno, che ha apportato ai lavori il suo contributo.

Violenza di genere

«La violenza di genere, nelle sue varie forme - ha detto la sindaca introducendo l’iniziativa -, continua a rappresentare una delle più profonde e persistenti ferite sociali. Assumendo forme nuove e sempre più subdole, favorite dalla pervasività del digitale e dalla capacità della rete di rendere invisibili comportamenti lesivi che si consumano sotto gli occhi dell’opinione pubblica. Accanto alle forme tradizionali di violenza, emerge, infatti, un ecosistema di abusi tecnologici che si intrecciano con dinamiche di controllo, ricatto, sfruttamento emotivo e violazione della privacy. Un fenomeno in crescita, mentre, parallelamente, si registrano negazionismi culturali e resistenze sociali che tendono a minimizzare o giustificare tali comportamenti».

Per la prof Vingelli «il femminicidio è solo la punta di un iceberg, l’elemento più evidente della violenza di genere che però si nutre di tanti episodi, negli spazi pubblici e sempre di più anche in spazi digitali, che hanno una radice comune nelle asimmetrie di potere storicamente costituite tra uomini e donne e che si vanno ad incardinare nelle relazioni intime attraverso il controllo, il possesso, la gelosia. Fortunatamente non tutte le violenze finiscono in femminicidio ma è nostro dovere non solo guardare ai fenomeni più evidenti ma anche andare a scardinare quella base dell’iceberg che sostiene la violenza più evidente e lavorare soprattutto sulla prevenzione. Perché quando la violenza assume forme fisiche è già troppo tardi per intervenire e per questo è importante parlarne con i giovani e coinvolgere le Istituzioni».

Revenge porn

Sbagliato, per Dalia Aly, parlare di “revenge porn” riferendosi alla divulgazione di materiale esplicito sulla rete. «Revenge significa vendetta e ciò significa spostare l’attenzione da quella che è la condivisione non consensuale di materiale intimo, esplicito e sessuale, a ciò che la ragazza ha fatto prima della condivisione. Poi c’è l parola “porn” che si riferisce a un contenuto registrato, condiviso e diffuso con il consenso di tutte le persone coinvolte: attori, regista, fonico, ecc. C’è, di conseguenza, una sessualizzazione del materiale condiviso senza consenso e poi c’è, soprattutto, una deresponsabilizzazione dell’attore principale violento, vale a dire della persona che condivide ma anche di quella che visualizzo lo stesso quel materiale condiviso senza consenso».

Cosa può fare la vittima? «Può rivolgersi ai centri antiviolenza – ha spiegato Aly - può presentare denuncia, può denunciare attraverso il form online della Polizia postale, ma può anche rivolgersi a servizi come Take it down, se minorenne, NCII se maggiorenne, e a collettivi come Permesso negato, Collettivo Clara e tutti quegli enti che, dal basso, danno assistenza tecnica, legale e psicologica ad una persona che sta vivendo violenza».

Serve soprattutto «agire sull’educazione e su un’informazione che possa essere sartoriale sulla base dell’età delle persone coinvolte e degli enti interessati. Perché se abbiamo ancora una violenza reiterata da parte di chi esce dalle carceri, che in teoria sono istituzioni rieducative, è perché nelle carceri non c’è un’educazione che aiuta queste persone a reintrodursi nella società. Per questo serve anche un aiuto dall’alto, serve modificare le leggi, aprire dei tavoli tecnici e di discussione» ha concluso l’attivista.

Dialogando

Obiettivo raggiunto per la sindaca Tassone: «“Dialogando” vuole parlare alle scuole e creare una community che faccia da ponte tra le carenze del territorio, che non crea forme di aggregazione e non dà risposte ai giovani, e i loro bisogni. Qui, al di là del servizio sociale dell’Ambito territoriale, assistiamo alla privazione di servizi come, ad esempio, il consultorio, primo presidio creato dalle donne per le donne. Per questo dobbiamo lavorare sul territorio e i Comuni devono fare da ponte per sensibilizzare su quelle forme di dignità, libertà e civiltà che servono ai nostri giovani per decostruire le forme tossiche di relazione».

Attento e partecipe il pubblico, formato come detto proprio da adolescenti, che hanno posto ai relatori diverse domande rivolgendo poi, attraverso una loro rappresentante, Alessia, anche un messaggio di apprezzamento e gratitudine per l’iniziativa e per l’importanza degli aspetti affrontati.