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28/12/2025 ore 06.15
Sanità

Sanità vibonese, sindaci e Regione su un altro pianeta dove va tutto bene. Intanto i comitati vanno dai carabinieri

L’ultimo Dca che assegna 7 milioni al sistema sanitario vibonese viene visto in maniera completamente opposta dalla politica e dai cittadini. Una spaccatura che accentua la distanza tra amministratori e società civile. Ecco perché

di Enrico De Girolamo

“Bene, benissimo, avanti così”.
“Eh no, male, malissimo, serve una rivoluzione”.
Non potrebbero essere più divergenti le reazioni che si sono registrate dopo l’ultimo decreto del commissario ad acta Roberto Occhiuto, che ha destinato 7 milioni di euro alla sanità vibonese. In totale, 40 milioni di euro di fondi residui avanzati dall’emergenza Covid, che il governatore ha spalmato su tutte le 5 province calabresi, riservando a Vibo la somma più alta in proporzione al numero di abitanti.

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I primi ad esultare sono stati i cinque sindaci del comitato ristretto della conferenza che riunisce i 50 Comuni vibonesi: Giordano (Mileto), Romeo (Vibo), Pititto (Pizzo), Massa (Vazzano) e Marasco (Nicotera). Lo hanno fatto addirittura prima che il Dca venisse pubblicato, divulgando una nota che non dava conto nemmeno dell’entità dello stanziamento, perché non la conoscevano. Una solerzia così incalzante da apparire sospetta. Tanto da insinuare il dubbio che, se i milioni fossero stati 5 o 4, la “soddisfazione politica” sarebbe stata identica, forse per accreditare un risultato positivo dopo la riunione che gli stessi sindaci avevano tenuto alla Cittadella il 10 dicembre scorso con il sub commissario Ernesto Esposito.

Da quel vertice uscirono sorridenti e carichi di belle parole per la disponibilità dimostrata dalla Regione e dal presidente Occhiuto (collegato da remoto per l’influenza). Lo stesso Enzo Romeo – che tra i cinque è l’unico a sinistra – apparve decisamente ottimista sul cambio di passo nei confronti di una sanità vibonese che da tempo mostra la corda. Lo stesso Romeo che appena qualche giorno prima, il 29 novembre, in una già storica conferenza dei sindaci, sembrò mettersi a capo di una mezza insurrezione. «Vibo deve diventare un caso nazionale – scandì in quell’occasione, infiammando gli animi –. Dobbiamo aprire una vera e propria vertenza e andare da Occhiuto, dobbiamo andare insieme alla Cittadella regionale per chiedere cosa vogliono fare per risolvere criticità non più sostenibili, per chiedere se vogliono salvare gli ospedali di Tropea, Serra e Soriano o intendono chiuderli».

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Appena dieci giorni dopo uscì dalla Cittadella sorridendo e dispensando, insieme a Giordano, parole di totale riconciliazione con i vertici regionali. Poi, come detto, è arrivato il nuovo Dca, il 350 del 2025, con i suoi 7 milioni. Bene, benissimo, avanti così.

Neanche per sogno. Comitati e associazioni che da tempo immemorabile lottano per una sanità migliore hanno immediatamente bocciato il decreto, considerato del tutto insufficiente a dare l’attesa svolta. La prima a irrompere sui giornali è stata l’associazione Ali di Vibonesità, che ha sparato ad alzo zero contro Occhiuto, definendo il “Dca Vibo” «una beffa, l’ennesima presa in giro».

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È stata poi la volta dei comitati a difesa degli ospedali di Vibo, Tropea e Serra che ieri mattina, nemmeno il tempo di archiviare il Natale, hanno inscenato una eclatante protesta davanti allo Jazzolino e poi sono andati dai carabinieri per presentare una denuncia per interruzione di pubblico servizio, riferita allo stop agli interventi chirurgici per mancanza di anestesisti nel reparto di Urologia di Tropea, che serve l’intera provincia. «È solo l’inizio», hanno assicurato, annunciando la presentazione di altri esposti alla magistratura.

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Insomma, delle due l’una: o hanno ragione i sindaci a mostrarsi soddisfatti per l’azione della Regione, che avrebbe finalmente colto la gravità della situazione agendo di conseguenza, o hanno ragione i presìdi civici che denunciano il perdurare di una sostanziale indifferenza verso i bisogni dei vibonesi. Ciò che è certo è lo scollamento sempre più evidente tra cittadini e chi li rappresenta, a cominciare dai sindaci, probabilmente troppo solerti nell’incensare l’azione di Occhiuto e chi per lui, visto che nei fatti miglioramenti non sono per ora percepibili.

Fatta salva infatti la Farmacia territoriale, l’unico servizio sanitario che negli ultimi mesi è oggettivamente migliorato (ma ormai si era toccato il fondo, si poteva solo risalire la china), il resto continua ad annaspare. Nulla si è saputo, ad esempio, sulle dimissioni dell’urologo di Tropea, Alberto Ventrice. All’inizio di gennaio diverranno irrevocabili, trascorsi i due mesi previsti per ritirarle. E senza Ventrice il reparto di Urologia è praticamente finito: senza medici, senza anestesisti, senza speranza.

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Le ambulanze continuano a non avere medici a bordo e spesso vengono usate principalmente per trasferire i pazienti in altri ospedali della regione, lasciando sostanzialmente scoperto il servizio di emergenza-urgenza, come ha denunciato recentemente la dottoressa del 118 Alessia Piperno. Inutile anche citare l’ammodernamento infrastrutturale dell’ospedale Jazzolino, che potrà iniziare davvero soltanto quando parte dei pazienti potrà essere trasferita nel nuovo ospedale in costruzione da due generazioni all’entrata nord di Vibo.

In altre parole, non si capisce bene di cosa siano soddisfatti i cinque sindaci vibonesi del comitato ristretto. E così viene quasi da essere invidiosi dei cittadini di Isernia, capoluogo di provincia del Molise con poco più di 20mila abitanti: il sindaco Piero Castrataro si è accampato con una tenda davanti all’ospedale Veneziale per protestare contro i tagli ai servizi essenziali e contro lo stato della sanità nella città di cui è il primo cittadino. Qui no, qui va tutto bene, benissimo, madama la marchesa.