Sanità vibonese, esplode la protesta dei sindaci e Romeo suona la carica: «Andiamo tutti da Occhiuto»
Cinque ore di assemblea tra amministratori, cittadini e commissari dell’Asp. Tra rivendicazioni, accuse e proposte, per la prima volta si è percepita una reale unità d’intenti. Ma non sono mancati i momenti di tensione, come quando l’ex prefetto che guida l’Azienda sanitaria provinciale stava per abbandonare la seduta
Che sarebbe stata una sorta di resa dei conti era nell’aria da giorni, diventata sempre più pesante a causa di aspettative altissime degne di un’ultima spiaggia, quella sulla quale mettere in salvo la sanità vibonese che sta letteralmente naufragando.
Così, la Conferenza dei sindaci vibonesi, che si è tenuta dal pomeriggio di ieri fino a sera inoltrata nella sala del Consiglio comunale di Vibo, ha confermato le attese, con una partecipazione fuori dalla norma per una provincia dove la politica di solito si limita a rimirarsi l’ombelico in attesa che qualcosa cambi o il proprio dominus venga eletto da qualche parte.
I sindaci erano schierati in massa e con loro c’erano associazioni, comitati, osservatori civici. Tutti con una sola cosa in mente: ora basta, non si può più andare avanti così, è il momento di fare davvero qualcosa.
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Due commissari su tre: Miserendino non c’era
Dall’altra parte, sugli scranni che solitamente sono occupati dalla giunta comunale, c’erano il presidente della Conferenza, il sindaco di Mileto Salvatore Fortunato Giordano e due commissari dell’Asp di Vibo su tre: Gianfranco Tomao, che guida la triade, e Gianluca Orlando. Mancava Gandolfo Miserendino, a capo anche di Azienda Zero, l'ente di governance della sanità regionale calabrese, vero deus ex machina (sotto Occhiuto) che manovra i cordoni della borsa e decide chi va dove in tutte le Asp della regione. Non certo un’assenza da poco, quindi, perché proprio da Miserendino sarebbero potute arrivare le risposte più attese alle mille domande che i sindaci e i cittadini hanno snocciolato come un rosario di misteri gloriosi.
Commissari sul banco degli imputati
Ma Azienda Zero non c’era e, inevitabilmente, sul banco degli imputati sono finiti Tomao e Orlando, che hanno comunque tenuto botta, rintuzzando critiche e insinuazioni sulla presunta “strategia politica” in atto per chiudere o depotenziare fino alla morte gli ospedali di periferia, cioè Tropea, Serra San Bruno e Soriano, anche se quest’ultimo è già praticamente chiuso da un pezzo visto che ne resta poco o niente se non qualche attività ambulatoriale.
Rosario di problemi
In apertura dei lavori, Giordano ha dato il La riassumendo le criticità della sanità locale, ormai incise a lettere di fuoco sulla pelle dei vibonesi: reparti chiusi, carenza di personale, mancanza di medici (in particolare anestesisti), liste d’attesa interminabili, ambulanze senza medici, servizi di emergenza-urgenza in grande affanno e barelle ovunque.
L’utima goccia: le dimissioni di Ventrice
Ma più di ogni altra cosa, a tenere banco nelle ultime due settimane e anche alla riunione di ieri, sono state le recenti dimissioni dall’ospedale di Tropea dell’urologo Alberto Ventrice, schiacciato da turni insostenibili e dalla frustrazione professionale di non poter operare i suoi pazienti per la mancanza di un anestesista. L’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso e ha spinto il sindaco di Drapia, Alessandro Porcelli, a chiedere con forza una Conferenza dei sindaci ad hoc che potesse mobilitare tutta la politica e la società civile sulla gravissima situazione della sanità vibonese.
È stato proprio lui, Porcelli, a prendere la parola per primo, denunciando il progressivo depotenziamento del nosocomio di Tropea, dove a quanto pare i medici in forza allo Jazzolino di Vibo non hanno nessuna intenzione di andare anche quando c’è la necessità di riempire momentaneamente un vuoto d’organico, tanto che il sindaco di Drapia si è chiesto per quale motivo non vengano imposti ordini di servizio perentori.
Romeo dà fuoco alle polveri
Ma la vera scintilla che ha infiammato la discussione l’ha innescata poco dopo il sindaco di Vibo, Enzo Romeo, che ha messo da parte i toni concilianti per dichiarare senza mezzi termini che «Vibo deve diventare un caso». «Dobbiamo aprire una vera e propria vertenza e andare da Occhiuto, dobbiamo andare insieme alla Cittadella regionale – ha detto rivolgendosi all’intero auditorio - per chiedere cosa vogliono fare per risolvere criticità non più sostenibili, per chiedere se vogliono salvare gli ospedali di Tropea, Serra e Soriano o intendono chiuderli. Io tra una settimana sarò sotto la Cittadella a protestare. Perché a mio parere c’è una vera e propria strategia che punta a dismettere gli ospedali minori. Fino a cinque mesi fa c’era un commissario, Vittorio Piscitelli, che voleva davvero fare qualcosa e forse è stato mandato via proprio per questo. Nessuno ci ha mai detto perché sia stato rimosso».
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I commissari dell’Asp: «Offesi dalle parole del sindaco»
Inevitabile la reazione dei commissari in carica, Tomao e Orlando, che hanno definito «offensive» le parole di Romeo, tanto che per un attimo sono sembrati seriamente intenzionati ad abbandonare l’aula. «Non abbiamo interessi politici da difendere», ha scandito Orlando, che si è detto pronto a firmare le sue dimissioni in bianco. «La data mettetela voi, ma finché resto mi assumo le mie responsabilità. In questa Asp la programmazione mancava da molti anni, l’ultimo atto aziendale era del 2016. È inevitabile che nella riorganizzazione della sanità locale alcuni reparti vengano chiusi. Noi stiamo facendo tutto quello che possiamo. Abbiamo chiesto il nuovo piano di fabbisogno per procedere ad altre assunzioni, abbiamo chiesto più medici cubani, stiamo facendo i concorsi, ma ci vuole il tempo che ci vuole».
Sulla stessa lunghezza d’onda il commissario Tomao, secondo il quale l’atto aziendale emanato recentemente non può essere giudicato senza gli altri strumenti organizzativi che ne deriveranno, «perché da solo è inutile». Insomma, una polveriera di rivendicazioni e giustificazioni, resa ancora più instabile dai numerosi interventi dei rappresentanti dei vari comitati e associazioni presenti.
Cinque ore di discussione e neppure un documento finale
Quasi cinque ore, dalle 16 alle 21, ci sono volute perché tutti quelli iscritti a parlare lo facessero, ma nel complesso si è percepita forse per la prima volta una reale unità d’intenti, che al di là dei diversi ruoli converge sulla considerazione che la crisi della sanità vibonese è ormai insostenibile.
Peccato che alla fine, sfiancati dalla discussione e richiamati a casa dal desco della cena, l’aula si sia progressivamente svuotata e l’assemblea si sia esaurita senza l’approvazione di un documento comune. Circostanza che rende particolarmente sinistro il monito che cinque ore prima, in apertura dei lavori, aveva lanciato proprio il sindaco di Drapia, promotore della Conferenza: «Se oggi non usciamo da qui con un atto unitario da sottoporre alla Regione, tutto questo non sarà servito a nulla…».