Ritorno con Catanzaro, il sindaco di Vibo: «Mai più periferia della periferia. Da L’Andolina silenzio inspiegabile»
Il primo cittadino Enzo Romeo analizza l’impatto di un possibile ritorno alla “provincia madre”: «Strategia che punta a riportare il Vibonese a una marginalità che non possiamo più tollerare»
La volontà di alcuni Comuni vibonesi di ritornare con la provincia di Catanzaro anima il dibattito politico locale. A prendere la parola, il sindaco di Vibo, Enzo Romeo che, intervenendo con una nota stampa, analizza gli impatti di una scelta che potrebbe rivelarsi un boomerang per i territori: «Le recenti decisioni assunte dai sindaci delle Serre, e in particolare l’avvio dell’iter per il ritorno alla provincia di Catanzaro – scrive l’inquilino di Palazzo Razza - rappresentano un fatto politico di rilievo e di forte impatto simbolico per l’intero Vibonese. È una scelta che interroga tutti noi amministratori sul futuro del territorio e sul valore stesso dell’autonomia conquistata con la nascita della Provincia di Vibo Valentia».
Proprio per questo, «di fronte a un passaggio così delicato, il silenzio assordante con cui questa iniziativa è stata accolta dal presidente della Provincia, Corrado L’Andolina, è inspiegabile. L’ente che egli guida – fa rilevare il sindaco - avrebbe il dovere di parlare con chiarezza, di difendere l’unità del Vibonese e di farsi carico, in prima persona, delle ragioni profonde delle nostre comunità».
Romeo ripercorre quindi la nascita dell’ente intermedio: «Nel 1992 i nostri territori erano la periferia della periferia di Catanzaro, e l’istituzione della Provincia di Vibo Valentia è nata proprio per dare risposta a una storica domanda di autonomia amministrativa e di dignità del Vibonese. Si dice oggi che la tripartizione sia stato un errore, ma questo lo può affermare solo chi guarda le cose dalla prospettiva della “provincia madre”: Catanzaro non ha mai accettato davvero questa scelta, e lo dimostrano la ricomposizione del collegio elettorale unico, la scelta del troncone Serra-Soverato della Trasversale e l’unione delle Camere di commercio. È una strategia precisa, che punta a riportare il Vibonese a una marginalità che noi non possiamo più tollerare».
Il sindaco poi aggiunge: «Comprendo le esigenze politiche del sindaco di Serra San Bruno, ma un territorio non si governa con le promesse elettorali: chi scegliesse Catanzaro si ritroverebbe con un debito tre volte superiore a quello dell’ente vibonese, senza alcuna garanzia di maggiori servizi. I problemi che viviamo - spopolamento, viabilità, sanità, mancanza di sviluppo - non si risolvono cambiando provincia, ma rafforzando la rappresentanza politica e lavorando insieme, a tutti i livelli istituzionali, per progetti seri e condivisi.
Quando la Provincia di Vibo Valentia è stata messa nelle condizioni di operare, invece, ha dimostrato di saperlo fare. Nei primi anni di amministrazione siamo riusciti a progettare e cantierare opere che il territorio attendeva dalla Provincia di Catanzaro da decenni: strade, infrastrutture, interventi che hanno dato il senso concreto di cosa significhi autonomia gestionale. Poi sono arrivati il dissesto finanziario, che ha prodotto inevitabili disservizi, e la legge Delrio, che ha inferto un colpo durissimo a tutte le Province, svuotandole di funzioni e risorse. Sarebbe però profondamente ingiusto confondere questi fattori generali - nazionali - con una presunta “irrilevanza” dell’ente Provincia di Vibo Valentia».
Serra fa sul serio: approvata la delibera che avvia l’iter per il ritorno sotto Catanzaro, l’opposizione abbandona l’aulaIl primo cittadino lancia infine un messaggio chiaro: «Ai colleghi sindaci delle Serre e a tutti i sindaci del Vibonese viene chiesto un atto di coraggio e di visione: non fuggire da Vibo, ma contribuire a costruire una Provincia più forte, più autorevole, più capace di dare risposte. La Provincia di Vibo Valentia non si tocca: difenderla non significa difendere un palazzo, ma il diritto delle nostre comunità a decidere sul proprio futuro. La storia ci ha già mostrato cosa significhi essere periferia della periferia; oggi – conclude - abbiamo il dovere di non tornare indietro».