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15/11/2025 ore 08.14
Politica

Candidati “impresentabili” a Capistrano, l’aspirante sindaco Crispino: «Fondamentale il parere dell’Antimafia»

Lo sfidante di Marco Martino difende l’operato della Commissione parlamentare presieduta da Chiara Colosimo: «Lo Stato, in tutte le sue articolazioni, ha già riconosciuto la gravità e la fondatezza della situazione»

di Giuseppe Baglivo

Tiene “banco” a Capistrano la decisione della Commissione parlamentare antimafia, presieduta da Chiara Colosimo, di ritenere “impresentabili” il candidato a sindaco Marco Martino e l’aspirante consigliere comunale, della stessa lista dell’ex primo cittadino, Vito Pirruccio. Una decisione, quella della Commissione parlamentare antimafia, presa in vista delle elezioni comunali del 23 e 24 novembre prossimi che arrivano dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose dei precedenti organi elettivi del Comune di Capistrano e dell’amministrazione che vedeva Marco Martino sindaco e Vito Pirruccio assessore e vicesindaco.
Ad intervenire sull’argomento è Giuseppe Crispino, candidato a sindaco con la lista “Ninfea per far riemergere Capistrano” che si contrappone a quella messa in piedi da Martino e Pirruccio. Crispino interviene attraverso una lettera aperta con la quale prende posizione su alcuni punti essenziali riguardo il parere della Commissione parlamentare antimafia e su alcune recenti affermazioni di Marco Martino che “tendono a minimizzarne il valore, presentandolo come un semplice giudizio etico-politico privo di effetti. La dichiarazione di impresentabilità non è un'opinione politica. La Commissione parlamentare antimafia – ricorda Crispino – opera sulla base del Codice di autoregolamentazione dei partiti, documento sottoscritto da tutte le principali forze politiche. Quando un soggetto viene dichiarato impresentabile, ciò avviene perché emergono elementi oggettivi: procedimenti in corso, contesti familiari o territoriali critici, o situazioni connesse a scioglimenti per infiltrazioni mafiose. Non è un’etichetta morale: è una valutazione tecnica basata su parametri verificabili. In molti casi l’impresentabilità deriva proprio da provvedimenti come gli scioglimenti per infiltrazioni mafiose. Lo scioglimento di un Comune ai sensi dell’art. 143 Tuel è uno degli atti amministrativi più gravi dello Stato italiano: si applica solo quando esiste un accertato condizionamento dell’attività istituzionale. Se un familiare diretto di un soggetto coinvolto si candida nello stesso territorio, la Commissione lo segnala come rischio concreto. È quindi fuorviante sostenere che tali segnalazioni non comportino conseguenze: la conseguenza c’è eccome, ed è l’impresentabilità. I giudici amministrativi hanno confermato la legittimità degli atti: Tar e Consiglio di Stato hanno respinto i ricorsi. Non si tratta quindi di presunte interpretazioni arbitrarie o decisioni politiche di parte: il Tar ha esaminato le motivazioni dello scioglimento e le ha ritenute legittime e fondate; il Consiglio di Stato, massimo organo della giustizia amministrativa, ha confermato integralmente questa valutazione. Questo significa - prosegue Crispino - che lo Stato, in tutte le sue articolazioni, ha già riconosciuto la gravità e la fondatezza della situazione. Di fronte a due sentenze che confermano gli atti, parlare di attacchi mediatici non ha alcun senso. Il parere dell’Antimafia non è una sentenza, ma ha comunque valore istituzionale e politico. È corretto dire che il parere non produce da solo un divieto formale di candidatura. Ma è scorretto sostenere che sia irrilevante: orienta le scelte dei partiti; tutela gli elettori; previene l’ingresso nelle istituzioni di figure esposte a rischio di condizionamento. Svalutare questo lavoro equivale a indebolire uno degli strumenti più importanti che il Parlamento utilizza per contrastare le infiltrazioni criminali nella politica. Parlare di attacchi mediatici è un modo per non affrontare il merito. Invece di rispondere punto per punto ai motivi dell’impresentabilità, ci si rifugia nella narrativa del complotto giornalistico. Ma i dati riportati nelle relazioni antimafia sono documenti istituzionali, non articoli di gossip o opinioni di commentatori.
Gli elettori hanno diritto alla verità, non a dichiarazioni rassicuranti ma infondate. La trasparenza è un principio cardine della democrazia: gli elettori devono conoscere le condizioni reali dei candidati, specialmente quando emergono elementi che mettono a rischio la credibilità delle istituzioni locali. Ridurre tutto a lasciate decidere al popolo mentre si omettono informazioni fondamentali non è rispetto degli elettori: è il contrario. Difendere chi viene dichiarato impresentabile – sostiene Crispino – non significa difendere il territorio. Significa esporlo a una possibile continuità di dinamiche che lo Stato, con lo scioglimento e con i pareri dell’Antimafia, ha già riconosciuto come distorte o compromesse.
Chi ha davvero a cuore la comunità dovrebbe pretendere candidati al di sopra di ogni dubbio, non cercare scappatoie retoriche. In conclusione, il parere dell’Antimafia non è un dettaglio, né una valutazione morale: è uno strumento istituzionale fondamentale. E la dichiarazione di impresentabilità - conclude Crispino -, specie quando collegata a scioglimenti per infiltrazione mafiosa, non nasce da opinioni personali, ma da fatti che non possono essere ignorati né sminuiti”.