Dal palcoscenico alla comunità: Teatro d’aMare torna a Tropea per riscoprire il valore delle relazioni attraverso il linguaggio dell'arte
Prendersi cura delle persone e dei luoghi attraverso il linguaggio universale dell’arte. È questo il filo conduttore della nona edizione del festival “Teatro d’aMare“, in programma a Tropea dall’11 al 13 settembre. Promosso da LaboArt e con la direzione artistica di Maria Grazia Teramo e Francesco Carchidi e sostenuto dal Comune di Tropea e dalla Camera di Commercio di Catanzaro-Crotone-Vibo Valentia, l’evento unisce teatro, danza, musica e dibattiti per raccontare il potere inclusivo e trasformativo delle arti performative. Il centro storico della cittadina si trasformerà per tre giorni in un palcoscenico a cielo aperto, ospitando spettacoli, performance, installazioni e laboratori. L’obiettivo è restituire al teatro il suo ruolo di motore sociale, creando occasioni di partecipazione e crescita condivisa sia per la comunità locale che per un turismo alternativo.
Nato per colmare il vuoto di una programmazione culturale continuativa, il festival si fa portavoce dell’impegno di LaboArt, un’associazione che da anni usa il teatro come mezzo di inclusione, dando voce a persone con disabilità e in condizioni di marginalità. «Abbiamo scelto di dedicare questa edizione al tema della cura perché nasce dal nostro lavoro quotidiano», spiegano i direttori artistici Teramo e Carchidi. «Crediamo che le arti performative possano davvero prendersi cura delle persone e dei luoghi, creando comunità più inclusive. Con “Teatro d’aMare” vogliamo restituire questo senso profondo: il teatro come esperienza condivisa che ci aiuta a riconoscerci e a immaginare insieme nuove possibilità».
L’edizione di quest’anno ospiterà alcune delle più interessanti realtà della scena contemporanea nazionale, tra cui C&C Company, Putéca Celidònia, Teatro La Ribalta e molti altri. Saranno tre giornate dedicate a pratiche di teatro di comunità e a percorsi di inclusione sociale che testimoniano come l’arte possa diventare uno strumento di riscatto. Il festival si aprirà con il dibattito “Arte-è-cura”, moderato dalla giornalista Francesca Saturnino. Un confronto tra studiosi, artisti e operatori culturali per esplorare come la scena possa abbattere barriere e favorire il dialogo. Tra gli spettacoli in programma, spicca “Nella mia stanza l’Orsa Maggiore”, frutto di un percorso accademico di LaboArt, in cui le fragilità diventano forza creativa. Inoltre, sarà presentato il libro “La non-scuola di Marco Martinelli” di Francesca Saturnino, un racconto corale sulla forza rivoluzionaria del teatro a scuola. Ecco il cartellone degli spettacoli, ricco e diversificato:
- “Afànisi” di Ctrl+Alt+Canc, una performance che rovescia il rapporto tra spettatore e spettacolo;
- “Voci da un vicolo” di Putéca Celidònia, che racconta l’esperienza del collettivo nel Rione Sanità di Napoli;
- “No” di Annalisa Limardi, una performance di danza che indaga la difficoltà di definire i propri confini personali;
- “Metamorphosis” di C&C Company, una trilogia che esplora la trasformazione dell’essere umano.
Ma il festival non si limita agli spettacoli: saranno previste installazioni site-specific come “Trans. Essere Paesaggio”, che unisce arti visive e suono, e performance come “Peccato” della compagnia Mucchia Selvaggia. Particolarmente attesa è la cena performativa “Limine”, un rito collettivo che intreccia cibo, teatro e paesaggio. E per chi vuole mettersi in gioco, il laboratorio di scrittura “Pazzi in modo preciso. Scrivere di sé” tenuto da Luciana Maniaci offrirà un’occasione unica per esplorare la narrazione autobiografica. Le serate si chiuderanno in musica con i concerti di DonGocò, Claudio Francica trio e Federica Greco & Paolo Presta.