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10/12/2015 ore 19.17
Economia e Lavoro

Mense solidali e reddito minimo risposte alla povertà dilagante

In due diversi interventi, Gianni Patania (Slai Cobas) e Gernando Marasco (Sel) mettono in evidenza le possibili azioni per arginare un fenomeno sempre più preoccupante.
di Redazione
Free meals are served in a "soup kitchen" run by the Sant'Egidio Christian community in Rome September 17, 2008. The euro zone's third largest economy, Italy has been one of its most sluggish performers for more than a decade, and has suffered more than most of its partners from surging oil prices, a strong currency and the international slowdown. Statistics show that Italy is growing older and poorer while the economy underperforms its European peers. To match feature FINANCIAL-ITALY/POOR REUTERS/Tony Gentile (ITALY)

«La povertà oggi rappresenta il nostro vivere quotidiano. Sono aumentati numericamente i poveri e sono aumentati coloro che si sentono impoveriti. E il fatto di conoscere personalmente molte persone che si sono all’improvviso impoverite, ha fatto sì che la povertà assumesse un volto reale ben diverso da quello del nostro immaginario».

A riferirlo è Gianni Patania, esponente sindacale dello Slai Cobas, che, mettendo in evidenza una problematica quanto mai attuale rilancia l’idea di «riaprire la mensa dei poveri a Vibo Valentia. Rappresenterebbe – aggiunge – un atto di coscienza e di dignità». Per il sindacalista occorre «che l’Amministrazione comunale metta in campo azioni che tendono a salvaguardare i ceti deboli del nostro territorio, considerando la povertà un’altra vertenza del territorio. Non si può più tollerare – prosegue Patania – che nei bilanci comunali si inseriscano cifre irrisorie per i ceti deboli e poi spendere e spandere altrove».

Tra le altre misure da avviare: «censire le famiglie bisognose e reperire subito i fondi per riaprire la mensa dei poveri che dava un piccolo aiuto, anche morale, a chi non trova risposte al suo disagio. Bisogna far sentire la voce dei silenziosi e dei sofferenti alle istituzioni pubbliche che governano il territorio e alla diocesi. Ormai chi soffre non alza la voce perché si sente in colpa con la società che lo circonda, invece è arrivato il momento di trovare i fondi per la fascia del bisogno e del disagio. In una città come la nostra – conclude -, è doveroso».

Sull’argomento si è espresso anche Gernando Marasco di Sel, per il quale il peso del sostegno agli indigenti non può ricadere solo su associazionismo e volontariato. «Non è possibile – afferma – che siano queste le uniche forme di welfare di uno Stato come l’Italia e di una regione come la Calabria, dove il 30% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà dei 7200 euro annui? Dov’è lo Stato? Dove sono le istituzioni regionali?» si chiede.

Per cui, richiamando i principi della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 38 della Costituzione italiana, Marasco ricorda che «l’Italia è uno dei pochi paesi europei a non prevedere un reddito minimo garantito in favore dei suoi cittadini disoccupati, inoccupati e precariamente occupati. E’ una misura necessaria per la sopravvivenza di parecchie famiglie ormai e alcune regioni si sono attivate in tal senso. Potrebbe farlo anche la Regione Calabria, magari utilizzando gli aiuti europei 2014/‘20, approvando la proposta di legge regionale di cui da mesi si sta facendo promotore il consigliere Gianni Nucera di Sel – La Sinistra».

Conclude Marasco: «Crediamo che questa misura sia urgente e necessaria in questa fase storico-economica, che possa combattere piaghe quali la disoccupazione, la criminalità e l’emigrazione e che possa rappresentare un parziale riscatto da parte di tutta la classe politica calabrese di fronte ai suoi cittadini».