Usura ed estorsione nel Vibonese: due condanne e sei assoluzioni
E’ giunto a sentenza a sei anni dal giudizio immediato il processo nato dall’operazione denominata “Business Cars”, scattata il 10 novembre del 2011 contro i componenti di due presunte bande di usurai che avrebbero portato avanti la propria “attività” agendo ai danni di alcuni imprenditori. Il Tribunale collegiale di Vibo Valentia (Vincenza Papagno presidente, a latere i giudici Graziamaria Monaco e Adriano Cantilena) al termine della camera di consiglio ha condannato due imputati, assolvendone sei. Queste le condanne: 7 anni di carcere Giovanni Battista Tassone, 63 anni, di Soriano (chiesti dal pm 8 anni e 6 mesi); 3 anni Nazzareno Pugliese, 69 anni, di San Costatino Calabro (chiesti 7 anni e 6 mesi). Assolti: Girolamo Macrì, di 40 anni, di Soriano (chiesti 4 anni); Luigi Carè, 54 anni, di Serra San Bruno (chiesti dal pm 6 anni); Carmine Franco, 42 anni, di Catanzaro (chiesti 4 anni); Maurizio Camera, 43 anni, di Ardore (chiesti 7 anni e 8 mesi); Massimo Zappia, 42 anni, di Bovalino (chiesti 4 anni); Luciano Latella, 55 anni, di Ardore (chiesti dal pm 7 anni e 4 mesi).
Il nome dato all’operazione, portata avanti grazie al lavoro investigativo della Guardia di Finanza e dei carabinieri trae spunto dal fatto che uno degli imprenditori, Giuseppe Iennarella, titolare di un autosalone a Serra San Bruno, sarebbe stato costretto a pagare i debiti – quando non era in grado di farlo in contanti – attraverso auto di lusso che i presunti usurai, dopo averle utilizzate per un periodo, avrebbero rivenduto a commercianti compiacenti. In particolare, secondo l’accusa, Camera e Latella avrebbero dato in prestito a Iennarella 15mila euro ricevendo in cambio, a titolo di interessi, in soli undici mesi delle autovetture per un valore complessivo di oltre 131mila euro, più una cessione di auto fatturate da Iennarella per 391mila euro e di cui i due indagati, unitamente a Zappia e Franco, avrebbero pagato solo 297mila euro. In tal modo, ad avviso della pubblica accusa, a fronte di un debito originario di 15mila euro, gli indagati avrebbero ricevuto 225mila euro, corrispondenti ad un tasso usuraio del 136% mensile. Camera e Latella dovevano poi rispondere di rapina ed estorsione ai danni di Iennarella, oltre che di minacce finalizzate a far rilasciare alla vittima dichiarazioni mendaci alle forze dell’ordine. Tali contestazioni non hanno retto al vaglio del Tribunale. Luigi Carè, Nazzareno Pugliese e Giovanni Battista Tassone avrebbero invece – secondo l’accusa – concesso all’imprenditore usurato, in più soluzioni, fra il maggio 2008 e il febbraio 2010, un prestito complessivo di 127mila e 500 euro, pretendendo ed ottenendo, a titolo di interessi, 113mila e 600 euro in contanti, due autovetture del valore 44mila euro e, per il rientro definitivo, l’ulteriore corresponsione di 400mila euro ottenuta, ad avviso degli inquirenti, mediante esplicite minacce. Tra i beni posti a garanzia del prestito usuraio figura anche la cessione di un immobile nel mantovano del valore di circa un milione e 600mila euro. L’accusa in questo caso non ha retto per Luigi Carè che è stato assolto. Parti offese nel procedimento, oltre a Iennarella, figurano pure Rocco Mannella e Loredana Calabretta, anche loro di Serra San Bruno. I coniugi Mannella-Calabretta, ad avviso degli inquirenti, sarebbero rimasti vittime di presunte condotte usuraie poste in essere da Giovanni Battista Tassone, con tassi di interesse sino al 240% su base annua. Le contestazioni a carico di Girolamo Macrì (assolto) facevano invece riferimento ad un prestito di 20mila euro concesso a Domenico Bellissimo. In cambio, Macrì avrebbe ricevuto 53mila euro, pervenuti a Bellissimo quale liquidazione per un incidente stradale occorso alla moglie, più un magazzino sito a Soriano. Nazzareno Pugliese era difeso dall’avvocato Giuseppe Di Renzo e dall’avvocato Giuseppe Bagnato, Giovanni Battista Tassone (in foto) dagli avvocati Francesco Calabrese e D’Ascola, Luigi Carè dall’avvocato Bruno Ganino, mentre l’avvocato Francesco Muzzupappa assisteva Girolamo Macrì. Nel collegio di difesa anche gli avvocati Antonio Alvaro (per Camera e Ferrari (per Carmine Franco), mentre l’avvocato Di Renzo assisteva anche Zappia.
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