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01/08/2025 ore 14.25
Cronaca

Usura a Vibo, Cassazione conferma responsabilità dell’imputato ma annulla sull’aggravante

Sarà necessario un nuovo processo di secondo grado ma limitatamente alla mancata motivazione in ordine allo stato di bisogno delle vittime
di Giuseppe Baglivo

Annullata con rinvio dalla Cassazione, ma limitatamente alla sola aggravante dello stato di bisogno delle vittime, la condanna per usura nei confronti di Alfonso Giofrè, 65 anni, di Vibo Valentia. Sarà quindi necessario un nuovo processo di secondo grado per l’imputato condannato in primo e secondo grado a 4 anni e 6 mesi di reclusione. Due i capi d’imputazione contestati: nel primo caso Giofrè è accusato di aver preteso interessi usurari su alcuni prestiti di denaro nei confronti di due coniugi (Gerardo Pungitore e Caterina De Lorenzo) già sfrattati dalla loro abitazione e costretti a trasferirsi in un altro immobile che necessitava di interventi di ristrutturazione. A garanzia di un prestito di quattromila euro (corrisposto a mezzo assegno bancario nel settembre del 2005), Giofrè si sarebbe fatto consegnare un assegno bancario di importo pari a 5. 500 euro facendosi corrispondere interessi usurari pari a 2. 800 euro. 

Lo stesso Giofrè è poi accusato di essersi fatto consegnare altro assegno di importo pari a 6. 600 euro, sempre quale corrispettivo per l’originario prestito di 4. 000 euro, omettendo però di riconsegnare il precedente assegno da 5. 500 euro. Nel giugno del 2006, Alfonso Giofrè avrebbe poi concesso altro prestito ai coniugi pari a 2. 000 euro, versati in contanti, a fronte del quale si sarebbe fatto riconsegnare l’assegno di 4. 000 euro. Infine, nell’aprile del 2007 Giofrè si sarebbe fatto consegnare 10. 000 euro in contanti dai coniugi per l’estinzione dell’originario prestito. 

La contestazione era aggravata dal fatto di aver agito ai danni di soggetti in stato di bisogno. E proprio su tale aggravante è intervenuta la Cassazione con un annullamento con rinvio, in mancanza di motivazione sul punto da parte della Corte d’Appello di Catanzaro. Per il resto, invece, il ricorso di Alfonso Giofrè è stato rigettato, con conferma quindi della sua responsabilità penale. Con il secondo capo d’imputazione, invece, a Giofrè era contestato di aver approfittato dello stato di bisogno di altra parte offesa (poi deceduta ed al suo posto quale parte civile si era costituito il marito) per farsi consegnare nel dicembre 2006 un assegno bancario da 35mila euro a fronte di un prestito di 30mila euro. 

Nel dicembre 2007, invece, Giofrè si sarebbe fatto corrispondere i cinquemila euro di interessi e, a fronte del rinnovo del prestito da 30. 000 euro, avrebbe preteso interessi pari a 7. 500 euro. Nell’agosto del 2008 – sempre a fronte dell’originario prestito di 30mila euro – l’imputato era accusato di essersi fatto promettere interessi pari a 15mila euro e consegnare, a garanzia, altro assegno bancario di importo pari a 45mila euro. Anche in questo caso il reato era aggravato dalla circostanza di aver agito in danno di un soggetto in stato di bisogno e pure in questo caso la Cassazione ha annullato con rinvio per “mancanza della motivazione con riguardo alla circostanza aggravante dell’avere commesso il reato di usura in danno di chi si trova in stato di bisogno”.