Sparatoria a San Gregorio d’Ippona: una condanna in Tribunale a Vibo al termine del rito abbreviato
Processo allo stato degli atti per Antonio Pannace nei cui confronti Riesame e Cassazione hanno riqualificato il reato da lesioni aggravate a tentato omicidio
Sei anni e 9 mesi di reclusione. Questa la condanna emessa dal gup del Tribunale di Vibo Valentia, Francesca Loffredo, nei confronti dell’imputato Antonio Pannace, 60 anni, di San Gregorio d’Ippona, accusato di aver aperto il fuoco nell’ottobre dello scorso anno contro Giuseppe Meddis. Il processo si è celebrato con rito abbreviato che è valso per l’imputato uno sconto di pena pari ad un terzo. Il pm, Maria Bernabei, aveva chiesto la condanna di Pannace a 14 anni di carcere, ma il giudice ha escluso l’aggravante dei motivi abietti e futili su sollecitazione difensiva rappresentata dall’avvocato Diego Brancia. Parte civile nel procedimento penale si è costituito Giuseppe Meddis, assistito dall’avvocato Salvatore Sorbilli.
La Cassazione, e in precedenza anche il Tribunale del Riesame, aveva riqualificato il reato contestato ad Antonio Pannace da lesioni aggravate a tentato omicidio, in accoglimento in tal senso di una richiesta avanzata dalla Procura di Vibo ed in riforma della decisione del gip Roberta Ricotta.
La sparatoria
Giuseppe Meddis era stato ferito a colpi di pistola in strada a San Gregorio d’Ippona nell’ottobre dello scorso anno e poi soccorso mentre si trovava riverso in una pozza di sangue.
Lo stesso Pannace aveva quindi raccontato agli investigatori di essere stato attinto da colpi di arma da fuoco esplosi a cagione di un sinistro stradale avvenuto tra il nipote del Meddis e un parente dello stesso Pannace. Nel corso della discussione Pannace aveva inoltre rivolto a Meddis la frase: «ma tu vuoi morire presto» per poi esplodere un colpo che attingeva la vittima alla gamba e, una volta a terra l’antagonista, si sarebbe avvicinato puntandogli l’arma ad altezza viso. Avrebbe quindi esclamato: «non ti uccido solo perché mi dispiace per i tuoi figli». Dalla visione delle telecamere è emerso che l’assalitore ha esploso almeno due colpi ad altezza uomo, mentre la vittima stava scappando; pertanto, la reiterazione dei colpi, la sede attinta, il fatto che il bersaglio fosse in movimento e l’inesperienza dello sparatore, per la Cassazione “disegnano un animus necandi, declinandosi il dolo nella forma del dolo diretto alternativo”.
La Cassazione e i giudici del Riesame – riformando la decisione del gip del Tribunale di Vibo Roberta Ricotta – si erano soffermati “sull’idoneità degli atti tesi a cagionare la morte della vittima, posto il numero e la reiterazione dei colpi”; quindi la direzione degli stessi, sparati ad altezza uomo verso un bersaglio in movimento da soggetto inesperto e la distanza ravvicinata fra vittima e sparatore. L’arma utilizzata per ferire Giuseppe Meddis è risultata essere una pistola Beretta calibro 9, mentre la zona attinta è la parte superiore della coscia, punto nevralgico poiché vi passano le arterie e, la frase pronunciata dall’indagato «ma tu vuoi morire presto?» per Cassazione e Riesame appare “piuttosto chiara circa le intenzioni” di Antonio Pannace. Antonio Pannace si trova attualmente agli arresti domiciliari avendo per lui Riesame e Cassazione respinto il ricorso della Procura finalizzato ad ottenere un aggravio della misura cautelare. Tra 90 giorni il deposito delle motivazioni della sentenza del gup.
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