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08/07/2025 ore 14.53
Cronaca

Roma inondata dalla droga della 'ndrangheta. Armi, torture e tonnellate di coca: 28 arresti

Al vertice dell’organizzazione il 57enne Rosario Marando, originario di Platì, e suoi familiari. Ricostruite le rotte della cocaina dal Sudamerica nei porti spagnoli, a Rotterdam e Gioia Tauro. Confermata l’alleanza con i gruppi albanesi nella Capitale
di Redazione

Gli arresti sono 28 ma le misure cautelari chieste dalla Dda di Roma erano 54. La nuova inchiesta contro il narcotraffico nella Capitale vede in tutto 60 persone indagate a vario titolo di associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso e dei reati di tortura e detenzione di armi.

Le indagini, dirette dalla procura di Roma, hanno rivelato l’operatività di un’associazione di matrice mafiosa che fa capo a un 57enne calabrese, Rosario Marando, già condannato in via definitiva per la sua appartenenza alla ’ndrangheta. Nel corso dell’operazione sono state sequestrate ingenti quantità di sostanze stupefacenti destinate al mercato romano.

Cocaina acquistata in Sudamerica

L’inchiesta è riuscita a ricostruire la logistica dello smercio: veniva acquistata in Sudamerica la cocaina che veniva fatta giungere tramite container nei porti della Spagna, di Rotterdam in Olanda e di Gioia Tauro in Italia, per poi essere smerciata al dettaglio sul mercato romano. L’uomo al vertice del gruppo criminale, secondo quanto emerso nell’operazione Anemone, è ritenuto elemento apicale della locale di Volpiano (in provincia di Torino), promanazione di quella di Platì.

Trasferitosi a Roma agli inizi degli anni 2000, Marando avrebbe assunto il controllo dell’area di San Basilio, promuovendo la nascita di un’associazione composta, tra gli altri, anche dai tre figli, con legami stabili con una struttura criminale albanese utilizzata per gli aspetti logistici (estrazione dei carichi dai porti spagnoli e olandesi nonché per il successivo trasporto) e per lo smercio della droga in altre zone della Capitale. Nel complesso sono stati contestati agli indagati 80 capi di imputazione per operazioni di traffico per oltre una tonnellata di cocaina e per 1.497 kg di hashish.

Le torture a un pusher riprese con un telefonino

Tra le contestazioni anche un episodio di tortura aggravata dal metodo mafioso, contestato a 4 indagati che avrebbero privato della libertà personale uno spacciatore, causandogli sofferenze fisiche e un trauma psichico. Le torture inferte sono state riprese con un telefonino, per diffonderne successivamente il video al fine di generare paura, omertà e assoggettamento nella vittima e negli altri pusher in zona San Basilio. Inoltre è emerso che gli indagati utilizzavano sofisticati sistemi criptofonici per le comunicazioni operative e per eludere le attività di controllo.
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