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27/12/2025 ore 11.42
Cronaca

Nuovo annullamento di una maxi cartella esattoriale (1,4 milioni) a carico dell’ex consigliere provinciale di Vibo Domenico Fraone

Sale a 3 milioni di euro l’importo complessivo dei provvedimenti tributari a favore del commercialista. In questo caso l’Agenzia delle Entrate pur riconoscendo un credito 54mila euro aveva contestualmente battuto cassa

di Redazione

Un nuovo e pesante annullamento giudiziario scuote l’operato dell’amministrazione finanziaria vibonese. Con la sentenza n. 3107 del 2025, la Corte di giustizia tributaria della Calabria ha infatti cancellato in secondo grado un’intimazione di pagamento da 1.430.183,59 euro notificata al commercialista ed ex consigliere provinciale Domenico Fraone, residente a Filadelfia, riconoscendo ancora una volta l’illegittimità delle pretese avanzate dall’Agenzia delle entrate. A raccontare la vicenda è ancora una volta l’avvocato di Fraone, Francesco Matteo Bagnato. Un epilogo che segue un altro annullamento milionario reso noto qualche giorno fa e relativo a una cartella esattoriale da oltre 1,6 milioni di euro per il pagamento di una presunta Irpef non versata relativa all’anno d’imposta 2016, anche questa definitivamente annullata dalla Corte di Giustizia Tributaria.

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Anche in questo caso, il provvedimento annullato traeva origine da un’intimazione di pagamento notificata nell’aprile del 2023, con la quale veniva richiesto il versamento di euro 1.425.264,15. Di questa somma, 4.650,39 euro facevano riferimento a una cartella di pagamento già annullata in precedenza dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Vibo Valentia, mentre la parte restante, pari a 1.425.264,15 euro, derivava da un avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2012.
Proprio quest’ultimo atto è stato ritenuto radicalmente illegittimo dai giudici. Secondo quanto emerge dagli atti, l’avviso di accertamento si poneva in insanabile contrasto con una precedente sentenza definitiva della stessa Corte di giustizia di secondo grado della Calabria, la n. 34 del 2022, che per il medesimo anno d’imposta aveva riconosciuto allo stesso contribuente un rimborso Irpef di 54.189 euro. Un dato che rendeva, secondo la difesa, del tutto irragionevole la pretesa dell’amministrazione finanziaria, la quale, pur risultando debitrice di una somma accertata con giudicato, avanzava una richiesta milionaria basata sugli stessi dati contabili.
Nella nota, il legale di Fraone sottolinea come, a suo dire, l’ufficio di Vibo Valentia abbia tentato di eludere un giudicato irrevocabile, arrivando a pretendere somme ingenti «per lo stesso anno d’imposta 2012 e sulla base degli stessi dati contabili», in una condotta che la difesa ha definito apertamente elusiva.
Un ulteriore profilo di criticità riguarda la figura che aveva sottoscritto l’avviso di accertamento. L’atto, infatti, era stato emesso personalmente dall’allora direttore pro tempore dell’Agenzia delle entrate di Vibo Valentia, successivamente rimosso dall’incarico in esecuzione di una sentenza del tribunale amministrativo del Lazio, poi confermata dal Consiglio di Stato. I giudici amministrativi avevano annullato la graduatoria concorsuale che aveva portato alla sua nomina, rilevando che i criteri di valutazione dei titoli erano stati definiti in modo da «agevolare alcuni candidati del concorso a svantaggio di altri candidati» in possesso dei requisiti.
La vicenda, secondo la difesa di Fraone, si inserisce in un contesto più ampio che richiama direttamente i principi costituzionali. L’articolo 97 della Costituzione, ricorda il legale, impone che l’accesso agli impieghi pubblici avvenga mediante concorso, a garanzia di competenza, imparzialità ed efficienza dell’amministrazione, a tutela dei cittadini.
Nonostante le reiterate richieste avanzate in via procedimentale e in autotutela per ottenere l’annullamento degli atti illegittimi, l’Agenzia delle entrate non ha fatto marcia indietro. Al contrario, secondo quanto denunciato, avrebbe reagito iscrivendo le somme a ruolo straordinario per l’intero importo, avviando azioni esecutive di pignoramento e presentando una denuncia penale nei confronti di Fraone. Le accuse, particolarmente gravi, spaziavano dalla turbativa di pubblico servizio alla minaccia a pubblico ufficiale, fino alla tentata estorsione, tutte collegate alle numerose istanze trasmesse dal professionista per chiedere la rimozione degli atti ritenuti illegittimi.
Da quella denuncia era scaturito anche un sequestro, successivamente annullato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 25787 del 2025. Un passaggio decisivo, che ha ridimensionato ulteriormente l’iniziativa dell’amministrazione finanziaria.
Fraone, iscritto all’albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili della circoscrizione del Tribunale di Lamezia Terme, ha sempre sostenuto che l’azione penale rappresentasse un tentativo di comprimere il diritto di difesa, definito dall’articolo 24 della Costituzione come «inviolabile in ogni stato e grado del procedimento». Nella nota si evidenzia come colpire un professionista per atti difensivi svolti anche nell’interesse dei propri clienti costituisca «un pericolo per la difesa di tutti i cittadini».

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