‘Ndrangheta: operazione Rimpiazzo, il capo del “locale” di Piscopio resta in carcere
Resta detenuto in carcere Nazzareno Fiorillo, 59 anni, detto “U Tartaru”, indicato quale capo del “locale” di ‘ndrangheta di Piscopio. La quinta sezione penale della Cassazione ha infatti rigettato il suo ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro in funzione di giudice dell’appello cautelare. Nazzareno Fiorillo è stato sottoposto – con ordinanza emessa dal gip distrettuale di Catanzaro in data 1 aprile 2019, confermata in via definitiva in sede di Riesame – alla custodia cautelare in carcere quale indiziato dei delitti di estorsione ed associazione mafiosa, in quanto partecipe al clan dei “Piscopisani”.
Successivamente, all’esito del giudizio abbreviato, Nazzareno Fiorillo è stato condannato alla pena di 11 anni di reclusione con sentenza del gup strettuale di Catanzaro del 19 febbraio 2021, confermata in sede d’appello il 25 gennaio 2023. La Corte d’appello di Catanzaro, il 3 aprile 2024, ha quindi respinto l’istanza di Nazzareno Fiorillo di sostituzione della misura cautelare in atto, pronuncia confermata con ordinanza del 30 ottobre 2024 del Tribunale di Catanzaro, in funzione di giudice dell’appello cautelare.
Nazzareno Fiorillo ha quindi impugnato tale decisione in Cassazione lamentando violazione di legge e vizi di motivazione in relazione alla valutazione di elementi sopravvenuti, dell’attualità e della concretezza delle esigenze cautelari e della proporzionalità e dell’adeguatezza della misura.
In particolare, Nazzareno Fiorillo ha fatto presente che – a suo avviso – i collaboratori di giustizia Raffaele Moscato e Bartolomeo Arena avrebbero riferito negli interrogatori che il “Fiorillo era un “traditore” della cosca, perché dopo l’omicidio di Fortunato Patania aveva sistemato le sue cose, voltando le spalle al proprio locale, tanto che lo si voleva escludere dalla cosca (a dire del Moscato) o addirittura ucciderlo (secondo Arena)”.
Le ragioni della Cassazione
Secondo la Suprema Corte, nel caso di specie, gli elementi addotti dalla difesa di Nazzareno Fiorillo “non modificano le valutazioni poste alla base dell’ordinanza cautelare e al più dimostrano la fortissima animosità di uno o più sodali nei confronti del Fiorillo, ma non certo la stabile dissociazione dell’appellante dal gruppo criminale”. Le dichiarazioni di Raffaele Moscato e Bartolomeo Arena, inoltre, “non integrano alcun effettivo e concreto elemento di novità idoneo a modificare il quadro cautelare cristallizzatosi e i contrasti interni ad un sodalizio non rappresentano, ex se, la prova dell’allontanamento di chi ne è protagonista dall’associazione, men che meno la prova della sua radicale dissociazione”. Da qui il rigetto del ricorso di Nazzareno Fiorillo che il 10 luglio scorso si è visto confermare la condanna a 11 anni anche dalla Cassazione e rimane pertanto in carcere per scontare la pena.
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