Narcotraffico, nessun risarcimento per un quarantenne di Nicotera assolto in appello
Anche la Cassazione nega il riconoscimento dell’ingiusta detenzione ravvisando una condotta «gravemente colposa» in capo al ricorrente finito in carcere nell’operazione “Giardini segreti” dopo le dichiarazioni del collaboratore Emanuele Mancuso
Nessun risarcimento per ingiusta detenzione nei confronti di Francesco Costa, 40 anni, di Nicotera, assolto in appello dal processo nato dall’operazione antidroga denominata “Giardini segreti”. In primo grado – al termine di un processo celebrato con rito abbreviato – Francesco Costa era stato condannato dal gup distrettuale di Catanzaro alla pena di 6 anni e 8 mesi. Incassata l’assoluzione in appello il 10 gennaio 2022 (assoluzione divenuta irrevocabile l’11 aprile 2022), con contestuale immediata scarcerazione, Francesco Costa ha proposto domanda di riparazione per ingiusta detenzione per il periodo di custodia cautelare in carcere applicata nei suoi confronti dal 21 luglio 2018 sino al 10 gennaio 2022.
La Corte d’Appello di Catanzaro ha però rigettato la domanda per riparazione da ingiusta detenzione e da qui il ricorso in Cassazione da parte di Francesco Costa sottoposto a suo tempo alla misura cautelare nell’ambito dell’operazione “Giardini segreti” sulla scorta, essenzialmente, delle dichiarazioni rese dal coimputato e collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso, dalle quali sembrava emergere la partecipazione organica del Costa ad un sodalizio criminoso.
I motivi del ricorso
In primo grado era emerso che Francesco Costa aveva posto a disposizione di Emanuele Mancuso il proprio profilo web (account), e relative credenziali, su un sito internet e che le stesse erano state utilizzate per l'ordinativo di semi di canapa indiana, per decine di migliaia di euro, da recapitare - per la maggior parte - presso la residenza dello stesso Costa. La Corte d'Appello aveva tuttavia assolto Francesco Costa sulla base dell'assenza effettiva di un sodalizio dedito al traffico di stupefacenti, fermo però restando «l'acclarato coinvolgimento nelle operazioni di acquisto di semi di canapa nonché la circostanza che il Costa fosse, a propria volta, un coltivatore di sostanza del tipo marijuana».
Le ragioni della Cassazione
La Suprema Corte nel confermare il rigetto della domanda per ingiusta detenzione ai danni di Francesco Costa ha osservato che la sua domanda «non poteva essere accolta, essendo ravvisabile una condotta gravemente colposa in capo al ricorrente da porre in diretto rapporto causale con la detenzione sofferta».
Inoltre gli elementi di fatto della vicenda giudiziaria che ha visto coinvolto Francesco Costa, complessivamente valutati, sono stati considerati dalla Cassazione tali da «ingenerare l'apparenza di una situazione di colpevolezza ponendosi in rapporto sinergico con l'emissione del provvedimento restrittivo della libertà personale, con conseguente perfezionamento dell'elemento ostativo della colpa grave». Da qui il rigetto del ricorso di Francesco Costa e la sua condanna al pagamento delle spese processuali nonché al pagamento delle spese di costituzione e difesa sostenute dal resistente Ministero dell’Economia e delle Finanze.