Infiltrazioni mafiose, proroga di sei mesi per il commissariamento del Comune di Stefanaconi
La decisione del Consiglio dei ministri in accoglimento di una proposta del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Non ancora conclusa l’azione di risanamento dello Stato volta a bonificare la vita del Municipio dalle ingerenze e dai condizionamenti della criminalità organizzata
Non si è ancora conclusa l’azione di “bonifica” da parte dello Stato nel Municipio di Stefanaconi. Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, proprio “in considerazione della necessità di completare l’azione di risanamento dai condizionamenti da parte della criminalità organizzata, ai sensi dell’articolo 143 del Testo unico degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267)”, ha infatti deliberato la proroga di sei mesi dello scioglimento degli organi elettivi del Comune di Stefanaconi. Il commissariamento per infiltrazioni mafiose del Comune di Stefanaconi risale al luglio del 2024 in accoglimento di una proposta in tal senso formulata dalla Prefettura di Vibo – sentito il comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica allargato nell’occasione alla presenza del procuratore di Vibo e del procuratore della Dda di Catanzaro – sulla scorta delle risultanze compendiate in una relazione stilata dalla Commissione di accesso agli atti che per mesi ha vagliato una mole enorme di atti e documenti prodotti dall’amministrazione comunale guidata dal sindaco, Salvatore Solano, non tralasciando l’esame di legami diretti e indiretti degli amministratori con figure controindicate e legate anche alla criminalità organizzata. Lo scioglimento degli organi elettivi del Comune di Stefanaconi è stato poi confermato, da ultimo, anche dal Tar del Lazio che ha respinto il ricorso degli ex amministratori (pende ricorso al Consiglio di Stato avverso la decisione dei giudici amministrativi di primo grado).
Da ricordare che l’11 novembre scorso, la Procura Generale di Catanzaro ha chiesto in appello 38 condanne per gli imputati del processo nato dall’operazione antimafia “Dedalo-Petrol Mafie”. Tra le richieste di condanna si registra quella ad 8 anni di reclusione avanzata nei confronti dell’ex sindaco di Stefanaconi (nonché ex presidente della Provincia di Vibo Valentia), Salvatore Solano, condannato in primo grado ad un anno per corruzione elettorale. La Procura Generale ha chiesto per Solano il riconoscimento dell’aggravante mafiosa e la condanna anche per i capi d’imputazione (corruzione e turbativa d’asta) per i quali in primo grado era stato assolto dal Tribunale di Vibo. La vicenda processuale è fra i motivi principali dell’accesso agli atti e del successivo scioglimento degli organi elettivi del Comune di Stefanaconi. Ben 30 anni di reclusione sono stati chiesti per l’imprenditore Giuseppe D’Amico (cugino di Solano), di Piscopio, condannato ad analoga pena in primo grado e ritenuto organico al clan Mancuso di Limbadi. Per Antonio D’Amico – altro cugino dell’ex sindaco Solano – la pubblica accusa ha invece chiesto la condanna a 19 anni e 2 mesi (18 anni e 10 mesi in primo grado), mentre nei confronti di Francesco D’Angelo, alias “Ciccio ‘Ammaculata”, di Piscopio (suocero di Giuseppe D’Amico), è stata chiesta la conferma della condanna a 10 anni di reclusione.
Nella sentenza di primo grado i giudici hanno sottolineato che “le intercettazioni dimostrano l’affinità emotiva tra Solano e gli ambienti della criminalità organizzata, oltre a certificare la sua piena consapevolezza della caratura criminale di D’Amico e delle modalità con cui ha procacciato i voti. La responsabilità di Solano si ricava anche da un’intercettazione del 2018 da cui emerge che riceveva dal sindaco di Capistrano Marco Martino una fotografia ritraente la scheda elettorale con la preferenza accordata a Solano alla Provincia”.
Relazione di scioglimento e Tar hanno poi confermato il “grave pregiudizio agli interessi della collettività, il grave inquinamento e il deterioramento dell’amministrazione comunale con una perdita di credibilità dell’istituzione locale, una diffusa mala gestio della cosa pubblica ed un’evidente assenza di legalità nell’azione amministrativa, oltre alla presenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti degli amministratori con la criminalità organizzata di tipo mafioso”.
Per il Tar e la relazione di scioglimento la figura dell’ex sindaco Salvatore Solano “appare indiscutibilmente collusa con elementi di spicco della criminalità organizzata” poiché dagli “atti risulta che Solano ha ricoperto un ruolo di primo piano volto a favorire gli esponenti della criminalità organizzata e i loro interessi”, con una “subalternità funzionale di Solano rispetto ai D’Amico e un rapporto di contiguità del primo cittadino proseguito anche con le funzioni svolte in qualità di presidente della Provincia di Vibo Valentia”. Carabinieri e polizia hanno poi segnalato che Solano “intrattiene frequentazioni controindicate, tanto che è solito accompagnarsi con soggetti riconducibili alla criminalità organizzata” e la relazione di scioglimento ha esposto “un lungo elenco di frequentazioni e controlli dei componenti degli organi elettivi del Comune di Stefanaconi, rendendo plausibile una soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata”. In un solo anno, stando alla relazione di scioglimento, sono stati ben 82 gli affidamenti diretti di lavori pubblici senza gara d’appalto, di cui 19 finiti a ditte “risultate contigue – si legge nella relazione di scioglimento – ad ambienti mafiosi” con conseguente permeabilità della struttura amministrativa del Comune di Stefanaconi alle influenze delle organizzazioni malavitose”.
L’azione di risanamento dello Stato prosegue, dunque, nel Municipio di Stefanaconi con altri sei mesi di commissariamento prima che i cittadini-elettori siano richiamati alle urne per eleggere i nuovi organi elettivi dell’ente (sindaco e Consiglio comunale). La terna commissariale è composta dal viceprefetto a riposo, Ernesto Raio, dal viceprefetto Giovanni Todini e dal funzionario economico-finanziario Vito Laino.