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29/05/2024 ore 18.26
Cronaca

Autobomba di Limbadi, chieste in appello quattro condanne

La Procura generale ha concluso la requisitoria chiedendo alla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro la conferma di due ergastoli e pene più severe per due imputati
di Giuseppe Baglivo

Requisitoria della Procura generale di Catanzaro dinanzi alla Corte d’Assise d’Appello a Catanzaro per il processo di secondo grado che ruota attorno all’autobomba di Limbadi costata la vita il 9 aprile 2018 al biologo Matteo Vinci. In particolare, la pubblica accusa ha chiesto la conferma della condanna all’ergastolo (più l’isolamento diurno per anni 1 e mesi 4) nei confronti di Rosaria Mancuso, 66 anni, di Limbadi e per il genero Vito Barbara, 30 anni (oltre all’isolamento diurno per anni 1 e mesi 2), ritenuti i mandanti dell’attentato. Per Domenico Di Grillo (marito di Rosaria Mancuso), 74 anni, di Limbadi, la Procura generale (rappresentata dal sostituto procuratore generale Luigi Maffia) ha chiesto la condanna a 22 anni di reclusione (10 anni in primo grado), mentre per Lucia Di Grillo, 32 anni (figlia di Rosaria Mancuso) è stata chiesta la condanna a 14 anni di reclusione (3 anni e 6 mesi in primo grado).
Impegnati nel collegio di difesa gli avvocati: Giovanni Vecchio e Francesco Capria per Rosaria Mancuso; Francesco Capria e Gianfranco Giunta per Domenico Di Grillo; Giovanni Vecchio e Fabrizio Costarella per Vito Barbara; Giovanni Vecchio e Stefania Rania per Lucia Di Grillo.

La sentenza di primo grado

Ricordiamo che in primo grado il reato di tentato omicidio – riferito ad un episodio del 30 ottobre 2017 – è stato riqualificato dalla Corte nel più lieve reato di lesioni personali.  In particolare, Domenico Di Grillo, Vito Barbara e Rosaria Mancuso erano accusati e sono stati ritenuti responsabili di aver colpito con un’ascia ed un forcone Francesco Vinci, con Rosaria Mancuso che avrebbe incitato gli altri due gridando: “Ammazzatelo, ammazzatelo”.  I colpi hanno provocato a Francesco Vinci un focolaio emorragico, una frattura scomposta della mandibola, una ferita al cranio, una ferita al viso, una vasta lacerazione della mucosa interna della guancia e ferite alle mani.
Vito Barbara, Domenico Di Grillo e Lucia Di Grillo sono stati ritenuti responsabili della detenzione illegale nel 2018 e della ricettazione di una pistola da ritenersi clandestina, oltre che della detenzione illegale di un fucile a pompa con matricola punzonata e della detenzione illegale di numerose munizioni, alcune caricate a pallettoni.
Non ha retto in primo, invece, l’accusa di estorsione aggravata dalle modalità mafiose mossa a Domenico Di Grillo, al genero Vito Barbara, a Lucia Di Grillo, e a Rosaria Mancuso.  Nello specifico, gli imputati – secondo l’accusa – avrebbero intimato a più riprese ai coniugi Vinci-Scarpulla di cedergli il fondo del quale erano proprietari sito a Limbadi in contrada Macrea.  Stessa formula assolutoria anche per il reato di minaccia aggravata dalle modalità mafiose contestato a Vito Barbara, Rosaria Mancuso e Domenico Di Grillo in relazione alle pressioni rivolte nei confronti di Francesco Vinci e Sara Scarpulla a cedere i loro terreni. I difensori degli imputati discuteranno nelle udienze del 27 giugno e del 10 luglio.

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